FURTHER VISIONS, ERROR, ZEROING THE CENTRAL ELEMENT
by Gigiotto Del Vecchio


Federico Maddalozzo’s point of view deals with a system of rules codifying images that’s quite accurate. It’s visual archives, a kind of vision characterized by the use of a method where rationalization, structural translation are the elements giving form to all creative action. We have before us a mode where reality is filtered and synthesized into a suspended condition, almost a virtual image that escapes even the artist’s control. It isn’t a mere formal subdual of existing images though the work undergoes aesthetical variations. The attention to chromatic possibilities and the image schematization don’t spring from a plain analytical /scientific conception process but from  the poetic disposition of the “look”, a way of seeing , of analyzing reality in a way that emotion is included  and followed even if at a certain point there’s an effort to control it . It’s Federico Maddalozzo’s second one-man exhibition at Artericambi Gallery, an important show because it ‘s a progression in his research and an attempt to discuss s ome important points about his previous working method. The artist wants us to know that there isn’t a cataloguing intention any more , that a cycle has ended and another is starting fostered more on the vision than on conservation.

We are spectators of objects , images and scenes that belong to us but don’t act like pop : that is a mere  contextual transfer and a re- proposal of the popular object.  On the contrary they start an analytical process involving more and different “senses”.

The formal structure, its social meaning, its use, the colour are elements for an effective communication, the error is the abolition of technological safety and return to analogical possibility in a framework that reaches more and more  out for infallibility. The artist is conscious and alert about the different characteristics of the materials, the structures affecting our surroundings (and as a consequence our behaviour)  and offers his audience a twofold experience: analysis and meditation  about art as a language without separating conceptual moment from aesthetic pleasure. Federico Maddalozzo’s work at Artericambi Gallery is formed by great installations  and wall works where the attention of the look , the removal of the central element and the exhibition of the “container” wrapping the action are  the main characteristics of his  one-man show .  The first one took place in 2006. Maybe # 05   was the main installation , a pack of Pantone colour cards  cut in half and brought into the third dimension . It’s a process that revokes and annihilates any will, any filing possibility and serial conservation  , opens up to further project intentions and becomes what it is today : the tendency to deny the possibility of sight , the artwork as a wrapper and obstacle to the eye, a needy situation, an opportunity (through error)  to possible poetic development.

The error is a great opportunity for reassessment, a meditation about what was done and what can and must still be done , about the further possibility to modify a “ fait accomplì”. The artist recuperates real objects:  - a book with a faulty pagination, the wooden frames used to fence a road maintenance yard, the scaffolding of a great advertising panel- and he transfers them , decontextualizes them and puts them into a space to be exhibited.  They thus loose the sense of their original use and simply become an aesthetical piece and a sculpture. Federico Maddalozzo doesn’t bring about a semantic shift towards a merely repetitive direction , where the object becomes itself again through the artist’s action, but he moves in the opposite direction, towards the total annihilation of its role and possibility ,thus  leaving the artworks to live and resist only because of their structure, shape, colour  and rarefied vision.


VISIONI ULTERIORI, ERRORE, AZZERAMENTO DELL’ELEMENTO CENTRALE
di Gigiotto Del Vecchio


Il punto di vista di Federico Maddalozzo tratta di un sistema di regole di codificazione delle immagini abbastanza preciso, il suo è un archivio visivo, un  punto di visione caratterizzato dall’utilizzo di un metodo in cui è la razionalizzazione, la traduzione in struttura, l’elemento che compone ogni atto creativo. Ci troviamo di fronte ad un percorso in cui la realtà viene mediata da una sorta di filtro che sintetizza e rimanda ad una condizione sospesa, quasi da immagine virtuale in cui, però, la volontà di raffreddamento sfugge al controllo anche dell’artista. Non si tratta di puro assoggettamento formale di immagini esistenti, sebbene il lavoro viva di variazioni estetiche, l’attenzione alle possibilità cromatiche  e la schematizzazione dell’immagine non nascono da un processo di concepimento puramente analitico/scientifico, ma dalla propensione poetica dello  sguardo, di un modo di vedere, di analizzare la realtà che concede spazio all’emozione e che l’asseconda, sebbene ad un certo punto tenti di controllarla. Federico Maddalozzo è alla sua seconda personale da Artericambi, una mostra importante perché rappresenta un ulteriore passo in avanti,  una progressione della ricerca, ma anche il tentativo di messa in discussione di alcuni punti rilevanti che hanno caratterizzato il suo metodo di lavoro meno recente.  Viene meno, così come l’artista ci tiene a far conoscere, l’intento catalogativo, chiudendo un ciclo ed aprendone un altro, più giocato sulla visione che sull’atto di conservazione. Vengono  riproposti oggetti, immagini e scene che ci appartengono ma senza agire secondo un’attitudine pop, di mero trasferimento contestuale e di riproposizione dell’oggetto popolare, ma avviando un processo di analisi che coinvolge più e differenti “sensi”.  La struttura formale, la sua implicazione sociale, il suo utilizzo, il colore quale elemento di comunicazione efficace, l’errore quale azzeramento della sicurezza tecnologica  e ritorno ad una possibilità analogica in un contesto che tende sempre di più alla ricerca dell’infallibilità. L’artista è cosciente ed attento alle diverse proprietà dei materiali, delle strutture e di come esse possano influenzare l'ambiente che ci circonda (e di conseguenza il nostro comportamento), offre al suo pubblico una duplice esperienza: quella dell'analisi e della riflessione sull'arte come linguaggio, senza mai separare il momento concettuale dal piacere estetico. Quello di Federico Maddalozzo da Artericambi è un intervento che si compone di grandi installazioni e  lavori a parete, in cui l’attenzione dello sguardo, la sottrazione dell’elemento centrale, il mostrare il “contenitore” che avvolge l’azione, caratterizza la personale nella galleria veronese. La prima risale al 2006. Maybe #05 era l’installazione principale, una mazzetta Pantone tagliata a metà e portata nella terza dimensione. Un’operazione che conclude ed annulla la volontà, la possibilità di archiviazione e di conservazione seriale ed apre ad ulteriori propositi progettuali fino ad arrivare a ciò che sarà oggi: dinamiche quali la sottrazione della vista, l’opera come involucro ed impedimento per lo sguardo, stato di necessità, opportunità (per l’errore) di un suo eventuale sviluppo poetico. L’errore, quindi,  rappresenta un momento di grande possibilità di rilancio, è la riflessione su ciò che è stato fatto e su ciò che ancora si può e si deve fare, sulle possibilità ulteriori e sulle possibilità di modificazione di un gesto compiuto. L’artista recupera elementi reali - il difetto di impaginazione di un libro, le strutture in legno che delimitano un piccolo cantiere edile, l’impalcatura che sorregge un grande pannello pubblicitario - e li stravolge attraverso lo spostamento e la decontestualizzazione, proponendoli nell’ambiente espositivo sottratti di ogni loro possibilità funzionale, conferendogli un valore aggiunto puramente estetico e scultoreo. Federico Maddalozzo non attua uno spostamento semantico in direzione puramente ripropositiva, in cui l’oggetto ritorna, attraverso il gesto dell’artista, ad essere ancora oggetto, si muove invece in direzione opposta, verso l’annullamento totale della sua funzionalità, di ogni sua possibile opportunità, lasciando quindi che le strutture vivano e resistano unicamente nel loro essere elemento, colore, forma, visione rarefatta.